A pochi chilometri da Cosenza, inseguendo la sagoma del Monte Cocuzzo, si arriva a Mendicino.
Mendicino è un paese medievale, con incursioni greche e romane. Il suo Centro Storico accoglie i visitatori con la Torre dell’Orologio, nel Rione Castello, il cui nome ricorda i resti del Castello Novo immortalato nel dipinto del pittore prussiano Catel che visitò il paese durante una missione archeologica nel 1811.
La piazzetta medievale ospita la chiesetta di S. Sebastiano della fine del quindicesimo secolo e la settecentesca Chiesa matrice dedicata a S. Nicola festeggiato il 6 dicembre con i panettieddri, piccoli pani distribuiti ai bambini che recitano una filastrocca davanti famiglie devote che li aspettano sull’uscio di casa, rituali antichi ricordati dai vecchi forni a legna, alcuni ancora presenti nelle abitazioni. Il quartiere, considerato alla stregua di un presepe, il 25 dicembre e il 6 gennaio è pure teatro della rappresentazione vivente della nascita del bambinello.
Di fronte alla Torre, dal 1780, sui resti del Castello Vecchio, si staglia Palazzo del Gaudio Campagna, residenza estiva dell’accademico pontaniano nonché poeta, Giuseppe Campagna, dove si possono ammirare pareti dipinte da maestranze locali e un portico suggestivo che domina la valle del Crati sino al Monte Pollino.
Scendendo in Piazza Municipio una fontana in pietra rosa ricorda il tufo che si estraeva dalle cave locali con il quale venne costruito il Duomo di Cosenza e un fuso in ceramica sulla facciata del Comune è dedicato alle donne filandaie che nell’Ottocento e sino agli inizi del Novecento hanno lavorato la seta negli oltre cento opifici del paese uno dei quali ospita il Museo della Seta.
Cuore del paese, a jazza, nel dialetto locale, è l’agorà dove ritrovarsi nelle pause della vita. Tappa obbligata per gustare i dolci tipici del bar di Franco, vetrina ricca, dove riecheggiano incursioni arabo normanne con echi basiliani e il caffè di Mimmu u mericanu, un respiro di internazionalità per chi volesse rinfrescare il proprio inglese.
Sempre nella piazza il 13 dicembre si mangia la CUCCIA in onore di S. Lucia. Piatto caldo preparato in un calderone, a quadara, a base di legumi, da gustare nel primo pomeriggio insieme ad un bicchiere di vino secondo una socialità antica di condivisione.
Ceci, fagioli, fave, lenticchie piselli, grano, orzo, olio di oliva, sino a raggiungere i tredici elementi provenienti dalla madre terra.
Declinazione calabrese del couscous nordafricano, nella giornata del solstizio d’inverno, si rinnova una tradizione antica: quella della vittoria della luce sulle tenebre, di Demetra che ritrova la figlia Proserpina. Assimilazione popolare del mito pagano che rivive nelle mani delle donne anziane che praticano “u carmu” sugli occhi stanchi, recitando una nenia con l’invocazione di S.Lucia.
Altissima è la devozione della Santa fra i mendicinesi il cui culto risale alla notte dei tempi. Nel 1593 il poeta mendicinese Sebastiano del Gaudio pubblica la tragedia Tenebra dedicata alla vita ed al martirio di Lucia e ancora oggi, in tutte le famiglie dove è presente una Lucia, si prepara la cuccia che poi viene distribuita a chi bussa alla porta con un recipiente in mano.
Architettura ma non solo. In questo luogo magico, abitato dagli elfi e dalle fate dove il tempo sembra essersi fermato, una natura selvatica domina incontrastata. Colline dedicate ad uliveti secolari contornano il paese attraversato dal suo fiume, Tre Valloni, da cui ha origine il leggendario Busento.
Per chi volesse letteralmente immergersi nella natura, a pochi passi dalla Piazza, inizia il percorso dei cinque sensi nel Parco botanico, lungo il fiume, dove oltre ad essere avvolti dai rami degli alberi di noci, mandorli e gelsi, è possibile stendersi su tappeti erbosi di origano, salvia, borragine e menta il tutto con “sottofondo musicale” del lento scorrere del fiume.
Lucia Parise
Le Vie della Perla ha beneficiato di aiuti di Stato consultabili all’interno del Registro nazionale degli aiuti di Stato www.rna.gov.it
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Bellissimo articolo,complimenti